Condivisione di un percorso sulla Rivoluzione francese di Sabrina Pallara mediante Dad.
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Grazie Eleonora per la tua domanda. Proverò a fare un salto nel passato per riflettere sulla mia azione didattica oggi, che è il frutto di situazioni-problema che ho dovuto affrontare. Sono entrata nella scuola con l’idea accademica dell’insegnamento frontale, nel tempo mi sono resa conto della sua inefficacia e ho cercato strategie per fronteggiare la sfida. La prima fase è consistita nel diventare padrona della disciplina. Ci sono voluti alcuni anni di studio, la data delle mia laurea era abbastanza lontana. Ho incontrato sulla mia strada alunni/e, dirigenti e genitori e da ciascuno ho appreso qualcosa. Qualche anno fa la mia attenzione si rivolgeva quasi esclusivamente agli alunni con difficoltà, per cui schematizzavo gli argomenti, riducevo parecchio. La Dirigente, salutandomi alla fine dell’anno scolastico, mi ringraziò per l'attenzione rivolta agli alunni deboli, ma poi mi consigliò di lavorare anche sulle eccellenze. Le sue parole sono state per me punto di riferimento da cui ripartire. Ho iniziato a domandarmi come poter conciliare le due cose. Negli anni successivi ho incontrato ancora studenti con difficoltà serie nella lettura. Una disciplina orale come storia, il cui studio si basa innanzitutto sulla lettura e sulla comprensione di un manuale, diventa proibitiva per questa tipologia di alunni/e. Se leggere è difficile, lento, noioso - e spesso ciò non riguarda solo alunni con certificazione di dislessia - quanto tempo occorrerà per leggere una pagina o un capitolo, comprendere e ripetere ad alta voce?
Pertanto 6 anni fa ho iniziato a realizzare dei video, dapprima con power point, poi con altri programmi. L’idea era quella di ridurre lo studio della parte generale in un video di 5/6 minuti, facilitando gli alunni con difficoltà di lettura, per permettere loro di aver una infarinatura del quadro storico e di poter intervenire durante il lavoro che poi strutturavo in classe. In questo modo non si sarebbero sentiti tagliati fuori.
Restava però il problema di come motivare le eccellenze, evitando che questo lavoro diventasse troppo riduttivo e semplicistico.
In questo senso l’incontro con il metodo WRW mi ha permesso di strutturare attraverso organizzatori grafici un lavoro che i miei alunni possono affrontare comunque, indipendentemente dal livello di partenza. Vale a dire, ciascuno riuscirà a portare a termine il compito con una profondità più o meno maggiore, a seconda del grado di comprensione dell’argomento. Apparentemente le richieste sono semplici ma diventano fonti di discussione e di approfondimento perché ciascun alunno/a o ciascun gruppo le affronta con un grado di consapevolezza diverso. Un altro spunto che mi ha offerto il WRW, ma che già prima praticavo in modo forse meno sistematico, è la laboratorialità. Gli studenti apprendono meglio se si mettono nei panni di qualcun altro o se vengono mescolate le varie discipline con contaminazioni con l’italiano. In realtà le mie lezioni di storia talvolta hanno l’aspetto di lezioni di geografia o di italiano, e viceversa. Gli alunni inizialmente appaiono disorientati, anche perché chiedo loro un coinvolgimento attivo a cui non sempre sono abituati. Dopo uno sforzo iniziale, ho constatato che riescono ad adeguarsi in modo soddisfacente alle richieste.
Nelle attività strutturate tendo sempre a dare dei punti di riferimento fissi, che derivano dalla mia visione complessiva della storia (e delle altre discipline): voglio cioè che gli studenti abbiano chiara nella loro testa una struttura precisa, che riconoscano in ogni situazione causa/conseguenza/obiettivo, le categorie cultura, politica, economia e societa, o che non confondano ad esempio nobiltà/ricchezza. Lavoro molto sulla etimologia dei termini, su esempi a loro vicini, propongo loro dei modelli di comprensione aperti, mi piace che si facciano domande e che provino a darsi delle risposte sulla base di conoscenze pregresse. Tutto questo lo derivo dalla mia formazione prima liceale (ho avuto ottimi maestri/e) e universitaria.
Ho imparato che si apprende di più quando ci si diverte, per questo cerco di rendere dinamiche le lezioni: a volte per approfondire un argomento abbiamo bisogno di creare, ci occorrono forbici, cartoncini, righello, costruiamo origami. Per questo occorre tempo, e ho imparato da colleghi che ho avuto in passato che le due ore di storia si possono abbinare per avere la possibilità di fare tutto. Dai ricordi universitari ho derivato l’idea che non basta apprendere un argomento generale, che tutto diventa più interessante e significativo quando si approfondisce un aspetto anche piccolo del passato. Le scelte in fatto di approfondimenti sono dettate dalla mia sensibilità personale. In questi ultimi anni ho scelto di lavorare sul tema dei diritti, in particolare sulla questione delle donne e mi piace presentare modelli femminili diversi (Teodora, Ermengarda, Olympe de Gouges, ...) e vedere la risposta degli alunni/e.
Tutti i lavori si affrontano sempre in classe in coppia o in piccolo gruppo. In questo sono stati illuminanti alcuni corsi seguiti negli anni passati, così come libri sul cooperative learning.
La spinta a non cristallizzare un modo di insegnamento, il mettersi sempre in gioco credo che vengano da una continua formazione. Non ricordo un solo anno della mia vita da insegnante, anche nei lunghi anni di precariato, in cui non abbia seguito almeno 5 corsi di formazione. Ciò da solo non basta, occorre anche una comunità di docenti che condividono materiali, percorsi, ma soprattutto che si confrontano sui possibili metodi di insegnamento / apprendimento. Questa è un altra pratica quotidiana nella mia vita. Mi sono dilungata parecchio, spero di aver risposto alle tue domande.
Grazie per la ricca condivisione!
Il tuo è un percorso che guida gli alunni nella costruzione autonoma - ma certo non solitaria - del sapere, in una dimensione "orizzontale" (cercando di mettere in evidenza quadri di civiltà, attori in gioco, usando fonti diverse per analizzare le questioni) e anche "verticale" (andando in profondità attraverso confronti e focus su questioni o personaggi importanti e misconosciuti, per esempio).
Un impianto didattico così articolato sono sicura sia il risultato di ampie riflessioni, di continui e aggiornati studi.
Mi piacerebbe sapere nel tuo percorso come docente quali tappe sono state per te significative (se il discorso fosse troppo ampio anche solo una) per arrivare a modulare la tua azione didattica come ce l'hai presentata.
Grazie 😊